GIANMARIA TESTA
PREZIOSO
11 tracce inedite
in cd e vinile dal 18 gennaio 2019
Questo è un disco imperfetto, però è anche un disco inaspettato e perciò prezioso. Anzi il più prezioso di tutti. Ci ho pensato e ripensato prima di farlo uscire, ma infine ho deciso, ci ho lavorato tanto di testa e di studio, con il fido Roberto Barillari, ed eccolo qui.
Il punto di partenza è costituito da registrazioni imprecise, per lo più fatte a scopo di deposito Siae o per farle sentire ad altri artisti, con uno strumento che è poco più di un Iphone e si chiama Zoom. Sono tracce uniche, non separate, con rientri e rumori che abbiamo cercato di correggere, sono provini, bozze di lavoro da tenere come base per futuri arrangiamenti e futuri lavori. Sono canzoni mai uscite o uscite, come spiegherò, in altre versioni e in altri contesti, mai, comunque, in questa forma. E’ un Gianmaria al lavoro, quello che sentirete qua sopra, un artista nel pieno movimento del suo pensare e del suo riflettere. Un privilegio sentirlo così, un privilegio che ho voluto condividere perché pensavo ne valesse la pena, perché non era giusto tenerlo solo per me.
È l’ultimo regalo di Gianmaria e sento il bisogno di raccontarlo.
Povero Tempo nostro, il brano che apre il disco, è il più prezioso e il più emozionante di tutti, l’inedito dal quale sono partita. È una fotografia impietosa dei tempi nostri, una sorta di canzone biblica. E’ un pezzo che tenevo nel cassetto da un po’, non volevo sprecarlo e questa è stata l’occasione giusta. Gianmaria aveva pensato questa canzone come l’ultima di un nuovo lavoro, un altro album monografico, al quale rifletteva da tempo, un intero disco dedicato al tema della terra in tutte le sue accezioni, terra come suolo da lavorare nel quale riposano e germogliano i semi, ma anche terra come pianeta, come la casa che abitiamo e consumiamo. E’ stato registrato nello studio casalingo del nostro amico Claudio Dadone, chitarrista e medico, strepitoso in entrambi i ruoli.
Questa pianura e La tua voce sono le uniche due tracce già edite, entrambe già presenti in altri dischi usciti non a nome di Gianmaria e con una diffusione non così ampia. Ho voluto inserirle perché sono convinta che pochissimi, tra gli amanti di Gianmaria, le conoscano ed è un peccato perché sono belle e speciali. Questa pianura è la versione italiana (la traduzione e il vero e proprio adattamento è di Sergio Bardotti, un grande della musica italiana, paroliere e cantautore) di Le plat pays di Jacques Brel. E’ stata commissionata, in questa versione cantata da Gianmaria, dal Club Tenco per una compilation intitolata Bardoci e distribuita da Ala Bianca, che ringrazio per avermela concessa, una compilation nella quale compaiono altri grandi artisti della scena italiana e dedicata appunto a questo importante paroliere e traduttore. La tua voce, invece, è una canzone storica di Gianmaria, presente sul cd Lampo, ma qui in versione duetto, portoghese e italiano, con Bia, cantante brasiliana di casa a Montréal che l’ha voluta inserire nel suo disco Navegar, non distribuito in Italia e pochissimo in Europa. Sono due voci, quella di Bia e quella di Gianmaria, molto diverse per timbro ed estensione, ma che trovano in questo brano un mélange unico che credo faccia venire i brividi quando lo si ascolta.
Con Anche senza parlare si cambia genere. La storia di questo pezzo è particolare. Nasce nel 2014, scritta appositamente su mia richiesta per Mauro Ermanno Giovanardi, un artista col quale all’epoca lavoravo e col quale si voleva andare al Festival di Sanremo 2015, firmato Carlo Conti. “Gianmaria, ti prego scrivimi una canzone col ritornello per Sanremo e per Joe”, gli ho chiesto. Lui mi ha risposto che non era capace, che non era proprio il suo genere, ma poi d’improvviso e inaspettato, mi ha telefonato dalla Germania, dove era in tournée con Gabriele Mirabassi e mi ha detto: “Ce l’ho. L’ho registrata adesso durante il sound check con Gabriele che ci ha improvvisato un po’ su, te la faccio mandare via whatsapp dal fonico di qua”. E così io l’ho fatta sentire a Joe, che l’ha registrata con un altro arrangiamento e la sua sensibilità, l’ha inserita nell’album “Il mio stile”, uscito nel 2015 e io l’ho portata, ancora inedita, come se avessi per le mani un tesoro, a far ascoltare, a Roma, allo staff di Conti. Naturalmente non ci presero, “troppo intellettuale”, mi dissero, e quel Sanremo 2015 lo vinse Il Volo.
I brani da Una carezza d’amor a Sotto le stelle il mare, sono stati scritti tutti per Paolo Rossi, sulla sua vocalità e sulla sua umanità. Paolo le ha cantate in tre dei suoi ultimi spettacoli: L’Arlecchino, il Molière e Rossintesta e ancora le canta, qua e là nei teatri d’Italia, accompagnato dai Virtuosi del Carso e da Emanuele Dell’Aquila. Sono tutti pezzi registrati da me, a casa nostra, con lo zoom. Sono la colpa che mi porto addosso, perché la mia registrazione era sempre un po’ distratta –“Ma non riesci a fare una cosa alla volta?” mi rimproverava immancabilmente Gianmaria-, e infatti nelle tracce originali, prima della lavorazione, ci sono molti rumori: matite che cadono, lontani squilli del telefono, camion che si indovinano al passaggio dalla finestra aperta. Barillari ha davvero superato se stesso con queste correzioni e per fortuna l’interpretazione di Gianmaria, dal canto suo, non è stata mai distratta, anche quando si trattava di registrare senza nessuna finalità pubblica, e la sua voce è così bella e profonda che ha la capacità di riempire tutti i buchi e tutte le mancanze tecniche. Così, anche in questi brani scarni, chitarra e voce, l’intensità è lì, intatta, potentissima. Sono sicura che anche voi, come me, quando li ascolterete, ci sentirete dentro degli arrangiamenti potenziali -questa è la forza delle canzoni di Gianmaria- e devo dire che per un po’ sono stata davvero tentata di arricchirle, queste canzoni, chiedendo aiuto, per delle sovraincisioni, a qualcuno dei tanti musicisti che hanno accompagnato Gianmaria in questi anni. Poi ho pensato che non fosse giusto perché Gianmaria non avrebbe potuto dire la sua. Soprattutto ho pensato che era meglio così, anche per una questione estetica, che fosse meglio lasciarle nude, nella loro veste da lavoro, nella loro bellezza in fieri, che fosse meglio origliare come da dietro una porta, rubarle un po’ e lasciarle finire nella testa di chi ascolta. Il lavoro su questi brani è stato dunque essenzialmente molto tecnico, trovare un bilanciamento, a tratti quasi impossibile, non avendo a disposizione tracce separate, tra voce e chitarra e a volte prendersi la responsabilità di rinunciare alla perfezione dell’una a vantaggio dell’altra. E’ stato un lavoro sui volumi, un grande lavoro di mastering.
I due brani che chiudono il disco sono infine due piccoli gioielli, tratti entrambi dalla registrazione fortunosa di uno spettacolo che Gianmaria faceva con Giuseppe Battiston, ITALY, un poemetto di Giovanni Pascoli, poco conosciuto e bellissimo, che racconta di quando gli emigranti eravamo noi e di quando uscirono dal nostro paese oltre 60 milioni di Italiani, una vera e propria altra Italia che andava all’estero a cercare lavoro e fortuna. Merica Merica è una canzone popolare che ha cantato anche Caetano Veloso, Gianmaria la suonava col dobro e l’armonica a bocca, in mezzo si sente la voce inconfondibile di Battiston che legge alcune delle lettere che gli emigranti italiani scrivevano, pieni di nostalgia, ai familiari che erano restati in patria. X agosto, invece, è la messa in musica della poesia di Pascoli, quella che tutti noi abbiamo studiato a memoria a scuola, alle elementari o alle medie. Sono le stesse parole precise, nessun cambiamento, ma con la musica e la voce di Gianmaria acquistano, mi pare, una forza e una potenza nuova e restituiscono alla poesia tutta la sua ineluttabile tragicità.
Ecco qua, niente di più, questa è la storia di questo disco, l’ultimo di Gianmaria, il più Prezioso.
Paola Farinetti